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 Attività


 Incontri
 

 

Come lottare da precarie, se non con i precari?

L’iniziativa organizzata da Corrente alternata – www.correntealternata.org - parte dalla convinzione che l’attuale situazione che il mondo del lavoro sta vivendo, in particolare il contesto del lavoro precario, necessiti di spazi di discussione e di condivisione, elementi fondamentali per agire un cambiamento.

Il fenomeno dei lavori a termine è spesso oggetto di articoli, notizie e inchieste nei media locali e nazionali, ma per quanto si tenti di tracciare un ritratto tipo dei precari - il più del volte con finalità pietistiche e attraverso analisi superficiali o stereotipate - non viene dato spazio, nè tanto meno parola ad una lettura approfondita dei meccanismi e delle pratiche che stanno alla base di questa attuale veste del lavoro.

All’interno di tali dinamiche vogliamo sollecitare uno sguardo di genere non per evidenziare monolitiche o statiche differenze fra uomo e donna, ma per contribuire ad una visione dei rapporti fra le persone in costante mutamento e in continua ridefinizione, dove il precariato e la parcellizzazione dei nostri tempi di vita rappresenta elemento di discussione e condivisione al di là dei generi e delle categorie umane. Non crediamo infatti che la differenza di genere appartenga alla sfera dei valori assoluti o che rappresenti un elemento esente da mutamenti. Anzi, facciamo nostra la lettura di Judith Revel che la differenza debba essere letta e interpretata in situazione1. Contestualizzata, quindi, e siamo convinte che le tensioni agite dalla precarietà del lavoro nella vita degli individui, ci obblighino a costanti ridefinizioni dei nostri spazi, dei nostri desideri e a rivendicare, ancora, i diritti che pensavamo già acquisiti. In questo contesto, la differenza non esiste, ma deve essere costruita2 .

Lo slogan femminista del privato che diventa pubblico, inoltre, risulta a nostro avviso quanto più attuale. Perché se da una parte il lavoro precario mette le persone in costante rinegoziamento dei propri ruoli e spazi, all’interno delle relazioni che vivono, tale patteggiamento è totalmente assente nella sfera pubblica. Siamo quindi tenute a un doppio sguardo: uno sulla quotidiana definizione di compiti, obblighi e azioni della dimensione privata/affettiva; ed un altro che silenziosamente viene dai governi del momento, sgretolato, minacciato e parcellizzato in tante piccole e diversificate competenze legali- che favoriscono quei meccanismi che consentono l’accesso al mondo del lavoro solo attraverso logiche di contrattazione privata, in cui valgono requisiti difficilmente valutabili e corrispondenti a visioni di un femminile passivo, stereotipato e privo di opinione.

Il nostro settore, quello della conoscenza e in particolare dell’attuazione di politiche comunitarie e governative per il settore della ricerca scientifica e non solo, ci pone di fronte ad una profonda contraddizione, ovvero la capacità di programmare - nel rispetto delle linee tracciate dal trattato di Lisbona – azioni future, adattando il nostro agire quotidiano a scadenze semestrali o annuali dei nostri contratti di lavoro. Obbligandoci ad aver uno sguardo ed una teoria “ lungimirante” con una una visione ed una pratica miope.

Infine, siamo convinte che la rivendicazione e la presa di parola da parte dei precari non debba essere fatta esclusivamente tramite azioni di contrapposizione o affrancando una o un’altra posizione, ma che sia invece necessario sfruttare il nomadismo affettivo, relazionale e professionale che il precariato ci impone facendo propria una modalità dialogica frutto dei nostri anni. Le categorie professionali, non possono rappresentare il limite delle lotte delle nuove lavoratrici, ma devono essere reinventate e lette alla luce delle peculiarità che le professioni precarie hanno.

 

1 Revel J. (2010) in prefazione al testo Per amore e per forza, femminilizzazione del lavoro e biopolitiche del corpo di Cristina Morini. OmbreCorte Uninomade, Verona, p.11.

2 Ibidem, p.13