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 Libera Università Ipazia


 Il progetto

 

1Il progetto...

Perché, e cosa significa, impegnarsi in una struttura culturale.

Il Progetto cerca di essere una risposta a quel sentire che sta fra il disagio e il rifiuto nei confronti della politica quale oggi si presenta nella sua forma egemonica: la materialità del vivere quotidiano si avverte del tutto assente dal discorso politico istituzionalizzato, che risulta perciò un discorso alienato. Portare la vita dentro la politica significa operare uno spostamento dal “fare” al “come vivere”.

 Oggi sia il “pubblico” che il “privato” sembrano sfere deprivate di senso perché assorbite dalla ripetizione di vita/produzione; all’opposto, lo spazio reale e simbolico (trasmesso dal movimento delle donne), consiste nel trovare modalità e pratiche in cui essere-insieme. Solo così la ‘polis’ diviene luogo del ‘tra uguali’ nella differenza, perché donne e uomini partecipano all’agire politico nello spazio pubblico relazionale, dove l’appartenere ad una comunità non cancella le specificità.

La perdita di senso individuale e collettivo, portato del  mondo culturale, economico e politico attuale, causa la perdita di controllo politico sul proprio destino. Invece modellare la propria vita alla luce dell’ideale della propria realizzazione, implica chiedersi quali ne sono le condizioni, cosa esige questo ideale.

I temi della ricchezza, della felicità, della libertà, del senso, in questo contesto, risultano più che mai centrali poiché non sono riconducibili al mondo unidimensionale della produzione di merci e del cittadino-consumatore. 

 

2 – Articolazione e modalità del lavoro

La cultura - di solito intesa come “un insieme complesso che comprende la conoscenza, la credenza, l’arte, la morale, il diritto, il costume e altre capacità acquisite dall’uomo come membro della società” (Taylor) - concerne modelli acquisiti attraverso un processo di trasmissione, che implica un apprendimento di nozioni ed esperienza di generazione in generazione: si ha dunque una caratterizzazione funzionale della cultura come fattore di integrazione nel sistema sociale. In effetti si ha la credenza che esista un insieme coerente, stabile, capace di condizionare i comportamenti; quale che sia l’epoca o l’ambiente, non c’è che da definire il contenuto, individuare le logiche, allo scopo di circoscrivere il nocciolo duro e inalterabile, che determina così una ossessione di classificazione, gerarchia e ordine.

 

Nella realtà, i vari settori della cultura tendono invece ad aggregarsi in insiemi culturali più o meno integrati, ma anche più o meno conflittuali. Così il sistema culturale di un Paese è composto/attraversato inevitabilmente da culture diverse.

 

Farsi luogo della cultura della trasformazione significa muovere da una concezione critica dei modelli consolidati per andare continuamente alla ricerca di punti di vista differenti, che permettano di oltrepassare i confini fissati per scoprire la molteplicità degli al-di-là. Si tratta in sostanza  di individuare, per ogni tematica, le interdisciplinarietà indispensabili per dar vita, concretamente, a un metodo di lavoro che si definisce al crocevia di differenti forme di sapere. Non si tratta banalmente di osservare competenze differenti che tuttavia restano separate e perciò inalterate, quanto piuttosto di dar luogo ad una modalità di operare che attivi processi di progressiva ‘creolizzazione’ in cui l’incontro di competenze diverse porta ciascuna a compenetrarsi con l’altra, a ‘contaminarsi’, rendendo le rispettive frontiere porose, permeabili, flessibili, continuamente spostabili. Assumere come sfida i mescolamenti, che perdono così il senso di un disordine, per divenire una dinamica fondamentale, significa avere capito che solo costruendo contaminazioni concettuali possiamo ambire a penetrare la superficie dei fenomeni, a ri-trovare il piacere del conoscere che diviene riappropriazione della formazione, intima e sociale insieme, del proprio processo di crescita e di relazione.

 

Parimenti, la contaminazione deve investire anche i ruoli, nella misura in cui gli interlocutori in gioco – parlante/ ascoltatore – escono dalla logica classica della ‘lezione’ e s’intrecciano scambiandosi i rispettivi ruoli, così da rendere ‘pratica’ effettiva e costante la relazione dell’essere-insieme. Da qui, non più semplice trasmissione della cultura, ma formazione collettiva di una cultura della trasformazione, in inarrestabile divenire.

 

Le modalità dei corsi, dei seminari a tema, ecc., dovrebbero così superare la frattura fra chi espone un’elaborazione e chi ascolta, per fare interagire gli interlocutori nella loro relazione. Un lavoro collettivo quindi partecipato “nella pratica della cura dei soggetti e dei progetti”. S’intendono organizzare sessioni tematiche collettive, sulla base di relazioni e di materiale preparatorio, dove sia possibile discutere attraverso una rielaborazione comune socializzata.  Da questa elaborazione collettiva possono nascere proposte per percorsi successivi in modo tale che lo “studente” diventi a tutti gli effetti, un soggetto che propone, partecipa attivamente ed elabora.

 

La “Libera Università” desidera organizzarsi in modo tale da potersi rivolgere a diverse età, esperienze, culture e scelte di vita, per trasformare non solo il proprio rapporto con i saperi ma anche i propri rapporti sociali. Così creando luoghi liberi da modelli competitivi e da figure di ruolo, si opera, anche nei saperi, una politica diversa. Perciò vorremmo anche che l’attività non si esaurisse nella “trasmissione”, ma proprio perché questa è pensata nella sua orizzontalità, diventi spazio permanente d’incontri e discussioni, al di là dei seminari, e si attivi in filoni di ricerca, con una loro attività editoriale.

 

Filoni e tematiche fino ad oggi collettivamente individuate[1]:

 ·        Storia del femminismo e dei femminismi a Firenze (ricerca)

·        Men’s Studies (teorie, storia, ruoli, rappresentazioni, immagini della mascolinità)

·        La violenza dagli anni Settanta ad oggi

·        Mondializzazione e guerra

·        Economia e frontiere ecologiche

·        Revisionismo storico, revisionismi

·        Il senso comune e i miti della globalizzazione: Le parole dell’intimidazione e

      l’immaginario economico (ricerca)

·        Viaggio nei sentimenti (paura, incertezza, felicità, ecc.) per leggere il mondo.

·        Il confine, i confini (narrativa, politiche dell’identità, leggi, steccati fra discipline,

      ecc.)

·        La conoscenza scientifica nella contemporaneità: critica e crescita della scienza,

      saperi disciplinari, loro paradigmi e ideologie.

·        La città.

Per contattarci : e-mail: ipazia.firenze@gmail.com

[1] Questa traccia è il risultato dei numerosi incontri che si sono svolti a Firenze al Giardino dei Ciliegi con singoli/e e gruppi interessati/e, nonché dello scambio con Maria Grazia Campari, della Libera Università delle Donne di Milano.