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Libera Università Ipazia


Attività della  libera università 2010

 

Il saggio dell’urbanista Paolo Berdini su un dramma italiano

COSI’ L’EDILIZIA E’ SELVAGGIA

di Francesco Erbani

LA REPUBBLICA   -   4 novembre 2010   pag. 48

 

Perché l’Italia è il paradiso dell’abusivismo? E perché solo l’Italia, visto che è difficile persino tradurre in inglese o in francese l’espressione "abusivismo edilizio"? Sono le domande che percorrono Breve storia dell´abuso edilizio in Italia. Dal ventennio fascista al prossimo futuro (Donzelli, pagg. 166, euro 16,50), il libro che l’urbanista Paolo Berdini ha dedicato al fenomeno che attraversa la storia del nostro paese con la regolare continuità di un ciclo industriale e che viene considerato, dal Lazio in giù, un modo d’essere dell’attività edilizia, assimilato all’abitudine di parcheggiare in seconda fila.

Correttamente Berdini risponde che sono tanti i motivi per cui in Italia si può costruire violando le norme. Ma uno emerge. In Europa esiste «un patto sociale riconosciuto», per cui la pianificazione urbanistica è accettata dalle autorità pubbliche, dagli operatori economici e dai cittadini. Da noi, invece, vige il patto non scritto - o persino scritto - fra chi amministra e chi è amministrato tendente a ignorare le regole, perché in fondo edificare viene considerato un diritto insito nel possesso di un suolo. Se si è proprietari di un’area, tirar su una villetta, una batteria di casette, allestire un capannone industriale, scavare una piscina è attività che si può realizzare sia chiedendo sia non chiedendo un’autorizzazione. Dipende dalla convenienza. D’altronde per tre volte, nel 1985, nel 1994 e nel 2004, il parlamento ha varato condoni, dimostrando di considerare la sanatoria degli abusi un normale sistema di governo del territorio, una specie di pianificazione dell’illecito. Tanto più che gli abbattimenti, pur previsti per legge, sono il frutto della generosa volontà di qualche amministratore o di qualche magistrato, subito però scoraggiata.

Le cifre che Berdini colleziona sono impressionanti. 4 milioni 600 mila abusi realizzati dal 1948 a oggi, cioè 74 mila ogni anno, 203 al giorno. In insediamenti costruiti illecitamente vivono 6 milioni di persone. Da un’altra rilevazione risulta che nel Sud si concentra quasi la metà di tutti gli abusi. Se si aggiunge il Lazio si arriva oltre il 64 per cento.

L’abusivismo, si legge nel libro, nasce durante il fascismo e forse addirittura prima. Ma è negli anni Cinquanta che cresce vorticosamente, in particolare a Roma e nel Mezzogiorno. La causa generalmente indicata è l’assenza di un intervento pubblico nell’edilizia che risponda al bisogno di case a poco prezzo. Spiegazione fondata, ma che non chiarisce, sottolinea Berdini, perché a Milano e a Torino l’abusivismo sia marginale rispetto alla campagna romana. Esiste un’epopea popolare dell’abusivismo anni Cinquanta e Sessanta, documentata in tanta letteratura e tanto cinema. Ma ad essa si sovrappone con il tempo l’elemento speculativo. Non c’è solo il capofamiglia che mette mattoncino di tufo su mattoncino di tufo e fabbrica la casa per sé e per i figli. Sulla necessità dei più deboli piomba lo speculatore che lottizza, costruisce e vende senza chiedere licenza.

In ogni caso, dalla fine degli anni Settanta questo abusivismo lascia il posto all’abusivismo di pura valorizzazione. Le coste di Sicilia, Calabria e Campania massacrate da un’orda di seconde case. Le aree pregiate della campagna romana puntellate da ville. Le palazzine nella Valle dei Templi di Agrigento. Gli insediamenti in zone fragili (Sarno e Messina, per esempio). I 280 mila metri cubi del costruttore Domenico Bonifaci a qualche centinaio di metri dalla tenuta presidenziale di Castel Porziano a Roma. Le ville, i concessionari d´auto e gli sfasciacarrozze nell’Appia Antica. E poi le piscine a Roma per i mondiali di nuoto. Le case a ridosso del Vesuvio.

Le conseguenze dell’abusivismo sono pesanti. Le città si sfasciano, i paesaggi vengono violentati, aumentano i rischi di frane e di esondazioni. Inoltre l’abusivismo costa. I condoni servivano, si sentiva dire, a rimpinguare le casse delle amministrazioni pubbliche: ma Berdini, conti alla mano, dimostra il contrario. Il libro proietta lo sguardo sul futuro. L’abusivismo è destinato a continuare perché la pratica dei condoni non si è arrestata. E l’esperienza insegna che i condoni non occorre farli, basta prometterli per scatenare la corsa al mattone illegale.