PERFORMATIVITÀ DEL DOMINIO
narrazioni di movimenti, pratiche, corpi
Firenze 27-29 settembre 2019
Partecipano

Emilio Amideo

Undoing Black Masculinity: intersezionalità e pratiche discorsive alternative al maschile egemonico
È assegnista di ricerca in Lingua inglese e traduzione presso il dipartimento di Studi letterari, linguistici e comparati dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”. Ha conseguito un dottorato di ricerca europeo in Studi letterari, linguistici e comparati presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, con una ricerca sulla fluidità linguistica e sessuale nella narrazione black queer contemporanea in lingua inglese. Nel 2015 è stato Visiting Pre-doctoral Fellow presso il dipartimento di African American Studies della Northwestern University (USA) e nel 2016 presso il dipartimento di Media and Communication Studies della Goldsmiths University of London (UK). I suoi interessi di ricerca comprendono la lingua inglese e gli studi sulla traduzione, le letterature anglofone, gli studi culturali e postcoloniali, gli studi di genere, e i black queer studies. È co-curatore del volume L’immagine nel mondo, il mondo nell’immagine (2016) e autore di diversi articoli e capitoli in volume su Isaac Julien, James Baldwin, Thomas Glave, Jackie Kay, Essex Hemphill, Lawrence Hill, Keith Jarrett e Dean Atta.

Clotilde Barbarulli
Fra i miei impegni è centrale quello nell’Associazione Il Giardino dei Ciliegi di Firenze per le attività politico culturali (www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it) curando con altre amiche incontri sui femminismi, la politica, l’intercultura…. Inoltre collaboro alla Libera Università di donne e uomini Ipazia, un confronto fra diverse generazioni sull’abitare la città e il territorio. È importante anche il lavoro di riflessione su autrici nel gruppo ‘fiorentino’ della Società italiana delle letterate, perché la lettura per me è un percorso non solo individuale ma anche di scambio, un viaggio iniziato al Giardino dei Ciliegi con “Parola di donna”. Insieme a Liana Borghi, mi sono occupata della Scuola estiva residenziale di intercultura e genere “Raccontar(si)” a Villa Fiorelli/Prato dal 2001, proseguita fino al 2008 (xoomer.virgilio.it/raccontarsi), poi articolata in Seminari e convegni annuali come gli ultimi tre: “Femminismi e liberismo” 2016, e “Fare mondo: poetica del futuro dimenticato” 2017; “Declinare percorsi di sottrazione nelle narrazioni di movimenti, pratiche, corpi” 2018, i cui materiali si trovano sul sito del Giardino. Collaboro a Le monde diplomatique/il manifesto e a Letterate Magazine on line. Fra le pubblicazioni, ricordo con Luciana Brandi, L’arma di cristallo. Sui ‘discorsi trionfanti’, l’ironia della Marchesa Colombi, 1998; con Liana Borghi Il sorriso dello stregatto. Figurazioni di genere e intercultura, ETS 2010; Archivi dei sentimenti e culture femministe dagli anni Settanta a oggi, 2015. Nel 2010 Scrittrici migranti. La lingua, il caos una stella, frutto di interessi, letture e relazioni affettive e politiche. E nel 2106 ho coordinato la ricerca di Laura Marzi, Il Giardino dei Ciliegi. Storia e intrecci con altre associazioni a Firenze e in Toscana (1988-2015).

Liana Borghi
Socia fondatrice della Società Italiana delle Letterate, sono stata referente per l’Università di Firenze di ATHENA, la rete tematica europea Socrates di women’s studies. Ho organizzato eventi con Clotilde Barbarulli da prima del 2000 fino ad ora, e ho poi organizzato — con lei soprattutto, ma insieme a tante altre, Raccontar(si), il Laboratorio estivo
dedicato all’intercultura di genere di cui abbiamo pubblicato quattro raccolte di saggi. Per uno sguardo veloce su quegli anni invito a leggere “Prospettive libertarie e strategie queer in una scuola estiva” in A/Rivista anarchica, n. 385, 2013-14. Con Rita Svandrlik ho inoltre curato un volume di 22 saggi sulla letteratura comparata al femminile, S/Oggetti Immaginari: Letterature comparate al femminile (1996), ripubblicato quest’anno come primo e-book della collana Mnemosine della SIL. Del mio lesbofemminismo queer trovate traccia in un librino curato con Francesca Manieri e Ambra Pirri, Le cinque giornate lesbiche in teoria (Ediesse, 2011), e in altri saggi, come: “Tramanti non per caso: divergenze e affinità tra lesbo-queer e terzo femminismo” in Altri femminismi. Corpi Culture Lavoro a cura di Teresa Bertilotti, et al. (Manifestolibri, 2006); “Connessioni transatlantiche: lesbismo femminista anni ’60-70, Genesis X/2, 2011; “In the Archive of Queer Politics: Adrienne Rich and Dionne Brand Listening for Something”, in World Wide Women. Globalizzazione, generi, linguaggi, a cura di L. Ellena, L. Hernández Nova e C. Pagnotta, CIRSDE vol. 4, 2012 on line; “Assemblaggi affettivi: l’amore al tempo del quantoqueer” in L’amore ai tempi dello tsunami, a cura di G. Giuliani, et al. (Ombre Corte 2014). Dal 2010 dirigo con Marco Pustianaz àltera, una collana di intercultura di genere (ETS, Pisa) per la quale ho curato Zami di Audre Lorde (2014) e la traduzione di Quanto Queer, saggi della fisica e filosofa femminista Karen Barad (2017). È sul lavoro di Barad il mio articolo “Percorso per diffrazione”, in Bodymetrics. La misura dei corpi. Quaderno1, Natura/cultura/ artificio, a cura di EcoPol/Ilenia Caleo, IAPh Italia 2018. Di Paul B. Preciado ho inoltre curato Terrore anale (Fandango 2018) e tradotto Manifesto controsessuale (Fandango 2019).

Isabella Bruni

è attualme nte presidente dell’APS Corrente Alternata, impegnata nella promozione di una cultura di genere nel mondo del lavoro, dell’educazione e della comunicazione. Svolge  attività di progettazione di interventi formativi rivolti a genitori, insegnanti, bambin* e adolescenti sulla diversità, l’inclusione e il rispetto. Ha lavorato per anni nel progetto MIUR Generazioni Connesse per la prevenzione e il contrasto di cyberbullismo, sexting, hate  peech. Attivista di Nudm Firenze, lavora presso l’Università di Firenze nel settore elearning.

 

Francesca Cavarocchi

è storica e attivista femminista e lgbt. In questo momento è assegnista di ricerca presso l’Università di Udine. Fra i suoi interessi il razzismo e l’antisemitismo in Italia da un punto di vista storico e sociologico, la politica estera fascista, la memoria dei fascismi in Europa, la tutela del patrimonio culturale nell’Italia del ‘900.

 Lidia Cirillo

Il nuovo ciclo politico globale e il movimento femminista
La relazione riprende i temi trattati nel libro “Se il mondo torna uomo” edito da Alegre e di cui sono co-autrice e curatrice. In modo particolare si esaminano alcune caratteristiche del nuovo ciclo politico globale caratterizzato dall’ascesa di una destra estrema razzista, sessista e omofoba. L’attenzione si concentrerà in modo particolare sull’Europa, sulla “fine dell’illusione liberale” e sul dibattito che si è aperto a sinistra a proposito della natura delle nuove destre. Decisivo per il femminismo e le sue battaglie è il rapporto che queste, pur nella loro diversità, hanno instaurato con i gruppi integralisti cattolici, ortodossi ed evangelici che hanno promosso la Manif pour Tous nelle sue diverse versioni nazionali e il Congresso delle famiglie (Verona 29-30-31 marzo).
Lidia Cirillo è stata responsabile della collana di testi femministi Quaderni Viola. Si è occupata soprattutto del tema della formazione e delle dinamiche dei soggetti collettivi. Fra le sue ultime pubblicazioni, Lotta di classe sul palcoscenico (2014) e, con Cinzia Arruzza Storia delle storie del femminismo (2017). Ha curato Se il mondo torna uomo. Le donne e la regressione in Europa (2018).

Federica Fabbiani
A volte ritornano. La rappresentazione delle butch al cinema e in TV
Vorrei approfondire il ruolo sociale e la rappresentazione cinematografica/televisiva della butch. Partendo dal sempre verde dibattito sull’immagine positiva delle lesbiche, Halberstam, ad esempio, si posiziona in modo più sfumato rispetto alla spesso rigida richiesta di una rappresentazione ‘corretta’, richiesta che peraltro si ascrive ad una data cultura tendenzialmente bianca, borghese, monogamica, rispettosa della legge e altre pubbliche virtù. Ovviamente la richiesta, giusta soprattutto in tempi in cui la mannaia del ‘bury your gays’ non risparmiava nessuna, non ha prodotto (dice ancora Halberstam) un immaginario più ricco e variegato di tante e diverse figurazioni dell’essere e del vivere, ma al contrario ne è risultata una contrazione che ha cancellato le identità che erano state stereotipate, le butch appunto. Può essere quindi utile rileggere alcuni prodotti della cinematografia e della serialità televisiva, anche quelli che sono sembrati alle più una sorta di vetrina per la lesbofobia, per identificare nella butch una sorta di avamposto di resistenza lesbica e femminista. Una rappresentazione che è prodotta e a sua volta produce e rilancia una lotta di genere, affermando il valore della diversità, che non è solo quello dell’orientamento sessuale, ma anche di classe, di etnia, di dis/abilità. È evidente che, al tempo del queer, può sembrare anacronistico parlare di butch e non vi è dubbio che le comunità lesbiche si siano in parte scrollate di dosso le rigide categorizzazioni che hanno segnato negativamente la rappresentazione sia femminile sia maschile. Tuttavia, in tempi di ipervisibilità lesbica nella cultura visuale mainstream, la lesbica mascolina ha subito e ancora subisce varie manomissioni che sarebbe interessante approfondire.

Giornalista e scrittrice, Federica Fabbiani ama scrutare gli schermi per scovare percorsi inediti al confine tra reale e immaginario: attraverso la critica cinematografica lesbica ha analizzato il modo in cui lo sguardo orienta e condiziona la percezione di sé al tempo della ipervisibilità mediatica del lesbismo (Sguardi che contano, Iacobelli 2019); con la lente del femminismo ha indagato la serialità televisiva (Zapping di una femminista seriale, Ledizioni 2018). Collabora con la rivista femminista Leggendaria, per cui scrive di cinema e serie tv; un suo saggio su Sense8 compare nel volume collattaneo Il tempo breve (Iacobelli 2018). Si è appassionata, nel passato, di giornalismo online (Un mare di notizie, Etas 2003), di cinema lesbico (Visioni lesbiche, 40k 2013), di tecnologia e media (vari saggi in volumi collettanei). Intersecando spazi virtuali e pratica femminista, ha molto amato il Server Donne e la libreria/casa editrice digitale femminista Ebook @ Women. Gattomunita, crede nel potere taumaturgico della fusa per combattere lo stress.

Elisa Coco

Attivista femminista impegnata in percorsi transfemministi, intersezionali, lesbici e queer, è tra le fondatrici di Comunicattive, associazione e agenzia di comunicazione che si occupa di comunicazione in ottica di genere. Dal 2003 ha frequentato la scuola estiva su genere e Intercultura “Raccontarsi”, continuando negli anni a collaborare con le amiche de Il giardino dei Ciliegi e della SIL all’interno del gruppo politico affettivo delle Acrobate.
Fa parte della staff del campo politico femminista di Agape, del Tavolo narrazioni mediatiche di Non Una di Meno e della rete di educazione al genere Attraverso lo specchio di Bologna.
È presidente dell’associazione Luki Massa che organizza il festival di cinema lesbico Some Prefer Cake.

Francesca De Rosa

è dottore di ricerca in Culture dei paesi di lingue Iberiche e Ibero-americane (Area
luso-africana) all’Università “L’Orientale di Napoli” con un lavoro su archivio e rappresentazioni coloniali nei documentari portoghesi dell’Estado Novo. Ha concentrato la sua ricerca su studi culturali e visuali e sulle costruzioni dell’alterità nel contesto lusofono. Attualmente è docente a contratto di lingua portoghese e brasiliana presso “L’Orientale”. I suoi interessi si muovono tra femminismo, studi su razza e bianchezza; ha scritto contributi sull’impero portoghese e la pratica visuale, sulle rappresentazioni della donne nere nei documentari coloniali portoghesi e sugli archivi coloniali. Ha collaborato recentemente con GriotMag, un magazine online di afrodiscendenti in Italia.

& Antonia Anna Ferrante

è una studiosa e un’attivista terrona trans-femminista queer. Dottore di ricerca in Studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono all’Orientale di Napoli, attualmente è attiva nel Centro di studi postcoloniali e di genere collaborando con l’Unità di ricerca sulle Technocultures Resarch Unit e con il gruppo Feminist Futures. Appassionata di cultura pop, ha concentrato gran parte del suo lavoro nella critica femminista e queer della neo-televisione e dei nuovi media, ma i suoi interessi spaziano dalla sci-fi femminista al post-porno, passando per il drag e gli album di famiglia, ma andando sempre a finire alla critica alla nuova normatività frocia e l’omonazionalismo.

Gli elefanti nella stanza tutta per sé
Donne, precarie dell’accademia, militanti, terrone, femministe. Meticcia una, frocia l’altra. Sui nostri corpi sono scritti i fili spezzati dalla Storia, delle storie, le nostre e quelle collettive, delle geografie eccentriche che ci hanno unite e separate. Proveremo a tessere questi fili creando una trama comune, tramando undialogo a partire da posizionamenti diversi, storie di donne vicine e lontane, ponendoci e ponendo delledomande sulle nostre vite, la comune ricerca e le pratiche politiche condivise. Metteremo a soqquadro ilripostiglio dove si sono accumulati i rimossi della storia coloniale; porteremo il disordine nel salotto dove oggi si discute l’affetto per la bianchezza, la normalità, il decoro della nazione; infine ci incontreremo nella stanza tutta per sé, per dare visibilità e consistenza all’elefante che popola anche lo spazio del femminismo, interrogandoci su tutto ciò che è rimasto invisibile, sul modo in cui i discorsi della razza e del genere siano intrecciati, sui nostri privilegi e sulla possibilità di decolonizzare le nostre pratiche e de/clinare le nostre dis/identificazioni.

Fabrice Olivier Dubosc
Dove si nasconde la legittimità?
È psicoanalista etnoclinico. Una vocazione interdisciplinare orienta la sua ricerca in psicologia postcoloniale e clinica della crisi. Oltre alla pratica clinica si occupa di supervisione e progetti per migranti e richiedenti asilo. Tra i suoi lavori recenti: Quel che resta del mondo – psiche nuda vita e questione migrante (Ma.Gi 2011), Approdi e Naufragi – Resistenza culturale e lavoro del lutto (2016) e con Nijmi Edrees, Piccolo Lessico del Grande Esodoottanta lemmi per pensare la crisi migrante (Minimum Fax 2017); Lessico della crisi e del possibile (SEB 27, 2019).
Levi-Strauss parlava dell’Occidente come di società calde dedite all’aumento esponenziale del consumo energetico in un rapporto di sfruttamento e reificazione del vivente Oggi le radici coloniali dell’Antropocene si riproducono in molti modi con l’aumento delle spese militari responsabili per una vasta percentuale dell’inquinamento mondiale. Il tardo capitalismo risponde alla crisi profonda del suo modello con il diniego e il ritorno al sovranismo come strategia di spartizione e conflitto tra stati-nazione volto a mantenere il consenso e a salvare il salvabile attraverso l’elaborazione paranoica di lutti e cambiamenti. Altre forme di rapporto eco-sistemico tra cultura e natura permettono di pensare altrimenti la “sovranità” e il bene comune.

Pamela Marelli
Sono dipendente dalle scuole estive femministe dall’estate 2003 quando partecipai a Raccontarsi, laboratorio di mediazione culturale curato dalla Società italiana letterate e dall’associazione fiorentina Il Giardino dei ciliegi (http://xoomer.virgilio.it/raccontarsi/). Lì conobbi donne importanti, e in un piccolo gruppo, tra cui Antonella Petricone, Elisa Coco e Filippo Rebori creammo il collettivo le Acrobate, per dare corpo alla comunità empatica nata tra di noi, che mescolando affetto e prassi politica continua a partecipare ai convegni femministi organizzati dalle tenaci donne del Giardinodei ciliegi.
Da anni attraverso scuole politiche, campi femministi, tavoli e convegni dove si dibatte di politica e femminismi, perché sono luoghi dove trovo pratiche, saperi, relazioni ed invenzioni che nutrono la mia vita. Mi sono laureata in storia con una tesi sul movimento femminista bresciano degli anni ‘70. Per anni mi sono occupata di migrazione e intercultura, sia per lavoro (per un decennio sono stata operatrice di uffici per persone straniere) che per impegno politico (come attivista in un’associazione antirazzista). Ho curato l’editing del libro “Il bagaglio invisibile. Storie di vita e pratiche di mediazione interculturale”, esito di un corso del progetto Equal per la formazione di donne mediatrici. Ho raccontato questa esperienza nella ricerca storica “Il bagaglio in-visibile. Esperienze di migrazione e mediazione culturale di un gruppo di donne straniere radicatesi a Brescia” che ha vinto, ex aequo, nel 2004, il Premio Dolores Abbiati promosso dalla Fondazione Micheletti. La passione per la ricerca storica mi ha portata, nel 2008, a raccogliere le storie di lavoratrici tessili nel libro “Tessendo abiti e strategie. Esperienze e sentimenti di operaie bresciane”. Ho da poco terminato una ricerca relativa alle narrazioni delle stragi marine dal titolo Archivi del mare salato. Stragi di migranti e culture pubbliche. Porto l’amore per i libri nel lavoro di bibliotecaria che svolgo da cinque anni.

Maria Nadotti
Raccontare come si deve
Giornalista, saggista, consulente editoriale e traduttrice, scrive di teatro, cinema, arte e cultura per testate italiane e estere. Tra i suoi libri più recenti: Trasporti e traslochi. Raccontare John Berger (Doppiozero, 2014) e Necrologhi. Pamphlet sull’arte di consumare (il Saggiatore, 2015). Curatrice e traduttrice italiana dell’opera di John Berger, è autrice di due mediometraggi documentari: Elogio della costanza (2006) e Sotto tregua Gaza (2009).

Roberta Mazzanti.

è stata ricercatrice di Letteratura anglo-americana presso l’Università degli Studi a Milano, dove è nata nel 1953. Dal 1986 al 2010 ha lavorato come editor di narrativa per Giunti, ideando la collana Astrea, dedicata alla narrativa delle donne di varie epoche e paesi, e curando altre collezioni letterarie. Ha fatto parte della redazione di “Linea d’Ombra”, collabora tuttora con riviste e case editrici, e con l’Archivio delle Memorie Migranti. Fa parte dell’Associazione Forum per il libro e della Società Italiana delle Letterate. Nella narrativa d’impronta autobiografica ha pubblicato di recente Sotto la pelle dell’orsa (Roma: Iacobelli, 2015); e nel 2003 per Giunti “La gente sottile”, in Baby Boomers: vite parallele dagli anni Cinquanta ai cinquant’anni, scritto con Rosi Braidotti, Serena Sapegno e Annamaria Tagliavini; fra i saggi, “Dalla ‘Stanza gialla’ alla ‘Terradilei’: tappe del viaggio di costruzione di sé di Charlotte Perkins Gilman” in AA.VV., Identità e scrittura. Saggi sull’autobiografia Nord-Americana, (Roma: Bulzoni, 1988), e “Sad new powers: parole d’esilio e d’amore nel romanzo In fuga di Anne Michaels” in AA.VV., Le eccentriche. Scrittrici del Novecento (Mantova: Tre Lune Edizioni, 2003).

Antonella Petricone: Nasce e vive a Roma. Si laurea in Scienze Umanistiche nel 2003 con una tesi sul carteggio d’amore tra Sibilla Aleramo e Lina Poletti. Consegue il Dottorato di ricerca in Storia delle Scritture Femminili nel 2008 con una tesi su La memoria dei corpi, i volti della violenza. Tra vissuti e narrazioni, dialogo tra Etty Hillesum e le donne sopravvissute alla Shoah. È’ vicepresidente di Be Free, Cooperativa sociale contro tratta, violenze e discriminazioni dal 2007. Ha lavorato presso lo sportello donna ubicato nel pronto soccorso dell’ospedale San Camillo di Roma e nel servizio sosdonnah24 di Roma Capitale, come corresponsabile e operatrice antiviolenza dal 2010 al 2016, servizi entrambi gestiti da Befree. Ha frequentato il Master di I° livello in Formatori esperti in “Pari Opportunità, Women’s Studies e Identità di Genere” presso l’Università di Roma Tre. Ha scritto per Delt@ news, quotidiano delle donne on-line www.deltanews.it, edito dalla Cooperativa editoriale “Genera”, presso cui ha conseguito il tesserino da pubblicista. Appassionata di politica, letteratura e storia delle donne, segue dal ‘99 diversi laboratori di donne e scuole politiche dedicate alle questioni di genere. Ha fatto parte della staff del campo donne di Agape, oggi campo femminista, dal 2010 al 2017. È ideatrice e organizzatrice della scuola politica estiva della Cooperativa sociale Befree arrivata quest’anno alla sua ottava edizione.
Lavora come docente di lettere, presso la scuola secondaria di primo grado dal 2014. Ha fondato l’Associazione socio-culturale Le Funambole di cui è Presidente da giugno 2017.

 Anna Picciolini: Ho lavorato per quasi cinquant’anni fra Roma e Firenze come insegnante, sociologa e giornalista pubblicista. Impegnata in politica da sempre (ho cominciato all’Università) ho alternato momenti di politica delle donne con incursioni nella politica “mista”. L’impegno politico a sinistra è stato sempre motivato dalla ricerca di nuove forme di organizzazione e dalla scommessa sulla possibilità di uno spazio politico in cui diverse soggettività possano interagire e lavorare per un cambiamento radicale dello stato di cose presente. Dall’impegno nella politica mista mi sono ciclicamente allontanata ogni volta che questa scommessa mi è apparsa destinata al fallimento. Dall’impegno nella politica delle donne, nonostante tutto, credo che non mi allontanerò mai. Attualmente questo impegno si esprime nella partecipazione al Giardino dei Ciliegi, a Libere tutte, a Ipazia. Vedi [pdf] e http://www.youtube.com/watch?v=DW_IF-FIjAQ

 Alessandra Pigliaru: Vivo tra Sassari e Roma, città in cui lavoro collaborando stabilmente con le pagine culturali del manifesto. Sono stata presidente della Società Italiana delle Letterate e faccio parte del gruppo politico radicale collettiva_femminista. Ho un dottorato in filosofia e sono cultrice di materia in Storia della filosofia all’università di Sassari. Faccio parte della redazione del semestrale internazionale Giornale Critico di Storia delle Idee. Ed è proprio alla storia delle idee, in età moderna e contemporanea, che i miei interessi di ricercatrice indipendente si rivolgono in una prospettiva transdisciplinare prediligendo la scrittura e i saperi delle donne. Ho scritto per riviste online (tra cui LetterateMagazine, Diotima. Per amore del mondo), cartacee (tra cui Giornale Critico di Storia delle Idee, Via Dogana, LeggereDonna, The European Journal of Women’s Studies), collettanee (tra cui L. Cardone, S. Filippelli, Cinema e scrittura femminile. Letterate italiane fra la pagina e lo schermo, AA. VV., Contro versa. Genealogie impreviste di nate negli anni ’70 e dintorni) ho all’attivo una monografia sul concetto di onore e vendetta nel Settecento italiano. La seconda, sul concetto di vulnerabilità, è in corso di pubblicazione. Insieme a Laura Fortini ho curato l’Abbecedario Ceresa. Per un piccolo dizionario della differenza (Mnemosine). Parte delle pubblicazioni si trovano nel mio profilo di Academia.edu.

Filippo Rebori
Nasco ad Ancona ma ho sempre vissuto a Civitanova Marche. Attualmente vivo con Takis e Gidio, rispettivamente una gatta di 16 anni e un gatto di 10. Sono un uomo trans e mi considero antisessista e femminista per indole e per formazione. Avvicinarmi ai femminismi e al queer ha lasciato un’impronta importante su di me, senza di essa anche queste poche righe autobiografiche sarebbero molto diverse. Fondamentale in questo senso è stata la mia partecipazione, dal 2003 in poi, a Raccontar(si), laboratorio di mediazione culturale curato dalla Società italiana letterate e dall’associazione Il Giardino dei Ciliegi, e l’incontro con le donne del collettivo le Acrobate. Sono laureato in scienze politiche, un titolo di studio che mi è servito più per gli strumenti interpretativi che mi ha fornito che per collocarmi professionalmente. Ho avuto una libreria indipendente per molti anni e, una volta conclusa questa esperienza, mi sono ritrovato a lavorare con i bambini. Contestualmente ho continuato a dedicarmi alle mie passioni letterarie e politiche dedicandomi al Collettivo Paolo Uccello (collettivo letterario con incursioni di genere).

 Annamaria Rivera
Il circolo vizioso del razzismo: la continuità, il salto all’estremo

Già docente di Etnologia e Antropologia sociale nell’Università di Bari, è antropologa, saggista, scrittrice, attivista. Ha lungamente collaborato con i quotidiani “Liberazione” e “il manifesto” e tuttora collabora con “MicroMega”, nonché con riviste scientifiche quale “La critica sociologica”.
Dirige la serie di studi e ricerche “Antropo-logiche”, dell’editore Dedalo, per la quale ha tradotto o co-tradotto, curato e introdotto le edizioni italiane di opere d’importanti autori francesi.
In collaborazione con il COSPE, ha redatto studi sulla discriminazione, la violenza razzista e l’antisemitismo in Italia, richiesti dall’EUMC (Europea Monitoring Centre on Racism and Xenophobia). Ha, inoltre, collaborato ai libri bianchi “Cronache di ordinario razzismo”, promossi dall’associazione Lunaria. Nel corso del tempo si è occupata di temi svariati. Da quasi un trentennio privilegia lo studio e la ricerca intorno alle strutture, dispositivi e pratiche dell’etnocentrismo, xenofobia, razzismo e dei nessi fra quest’ultimo, il sessismo e lo specismo, ma senza trascurare altri temi, tra i quali l’analisi della transizione tunisina, il fenomeno delle auto-immolazioni di protesta, il rapporto tra umani e non-umani.
Fra le tante sue opere: La città dei gatti. Etnografia animalista di Essaouira (Dedalo, 2016), Il fuoco della rivolta. Torce umane dal Maghreb all’Europa (Dedalo, 2012); L’imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave (con R. Gallissot e M. Kilani, Dedalo, 2012); La Bella, La Bestia e l’umano. Sessismo e razzismo, senza escludere lo specismo (Ediesse, 2010); Les dérives de l’universalisme. Ethnocentrisme et islamophobie en France et en Italie (La Découverte, 2010); Regole e roghi. Metamorfosi del razzismo (Dedalo, 2009); La guerra dei simboli. Veli postcoloniali e retoriche sull’identità, (Dedalo, 2005); Estranei e nemici. Discriminazione e violenza razzista in Italia (Derive Approdi, 2003). E’ anche autrice di un romanzo: Spelix. Storia di gatti, di stranieri e di un delitto (Dedalo, 2010). Insieme con Dino Frisullo, è stata portavoce della Rete Nazionale Antirazzista, attiva nella seconda metà degli anni ’90 del Novecento.

Stefania Vulterini
Transiti dal postcoloniale all’afrofuturismo femminista
Libraia e editrice, co-curatrice della collana sessismoerazzismo. Collabora alla Fiera dell’editoria delle donne, Feminism, ideata promossa e organizzata da Archivia, Leggendaria, Casa Internazionale delle donne e sessismoerazzismo. Socia fondatrice dell’associazione Lesconfinate che ha sede alla Casa internazionale delle donne e che con narrazioni e immagini, libri film e video lavora sul colonialismo italiano raccontato dalle donne, storie di donne dell’Islam e afrofuturismo femminista in un’ottica di femminismo decoloniale.

Federico Zappino
L’eterosessualità, modo di produzione del dominio
Persisto nell’uso della parola “queer”, come fosse uno spazio in cui ci si sente a casa, per definire un certo modo di approcciarmi teoricamente e politicamente alla sovversione dell’eterosessualità, indotto, tuttavia, da una peculiare posizione soggettiva e sociale: quella di chi, in alcuni casi, è semplicemente un frocio che, a seconda di come gira il tavolo, è troppo generoso o troppo protervo, troppo astratto o troppo materialista, troppo sensibile o troppo distante, troppo militante o troppo distante dalla piazza, uno che pensa di essere chissà chi, mentre invece farebbe bene ad abbassare la testa e a cercarsi un lavoro come commesso. E in altri casi, invece, pur non avendo alcun interesse a fruire dei dividendi eteropatriarcali, questo stesso frocio è percepito, riconosciuto e rispettato come un uomo: in quanto tale, si ritrova a occupare una posizione di relativo privilegio in quel sistema sociale eterosessuale che pure mira a sovvertire. Se assumo “queer” come parola che descriva, o sintetizzi, la mia esperienza soggettiva, la mia riflessione e il mio attivismo, allora, è perchéavverto che il modo in cui è avvenuta la costituzione sociale del mio genere, non meno che il modo in cui la società attorno mi percepisce, mi impedisce di definirmi liberamente “femminista”, senza alcuna mediazione, se non al rischio di un’appropriazione indebita. (Se potessi scegliere, in realtà, mi piacerebbe ancora di più definirmi “lesbica materialista”, come Monique Wittig, conscio del fatto che – come scriveva Mario Mieli – “la rivoluzione è lesbica”. Tuttavia, essendo patente la contraddizione insita in un’autodefinizione lesbica-materialista, da parte mia, accordo all’autodefinizione queer il compito di descrivere questo sentirmi pienamente rappresentato da un pensiero che, allo stato attuale dei rapporti di forza eterosessuali, non può tuttavia rappresentarmi.)
Federico Zappino è filosofo e traduttore. Ha tradotto in italiano testi di Judith Butler, Eve Kosofsky Sedgwick e Monique Wittig. Tra le sue pubblicazioni più recenti, Comunismo queer. Note per una sovversione dell’eterosessualità (Meltemi 2019) e, insieme a tant* altr*, Il genere tra neoliberismo e neofondamentalismo (Ombrecorte 2016).