Al convegno
DE/CLINARE percorsi di sottrazione
nelle narrazioni di movimenti, pratiche, corpi
Firenze 7-9 dicembre 2018
partecipano

Clotilde Barbarulli: Fra i miei impegni è centrale quello nell’Associazione Il Giardino dei Ciliegi di Firenze per le attività politico culturali (www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it) curando con altre amiche incontri sui femminismi, la politica, l’intercultura, la precarietà, valorizzando il pensiero e la pratica di donne. Inoltre collaboro alla Libera Università di donne e uomini Ipazia, un confronto fra diverse generazioni sull’abitare la città e il territorio. È importante anche il lavoro di riflessione su autrici nel gruppo ‘fiorentino’ della Società italiana delle letterate, perché la lettura per me è un percorso non solo individuale ma anche di dialogo e scambio, un viaggio iniziato al Giardino dei Ciliegi con “Parola di donna”. Fra le mie passioni le autrici 800/900 e le scrittrici migranti. Insieme a Liana Borghi, mi sono occupata della Scuola estiva residenziale di intercultura e genere “Raccontar(si)” a Villa Fiorelli/Prato dal 2001, proseguita fino al 2008 (xoomer.virgilio.it/raccontarsi), poi articolata in Seminari e convegni annuali come gli ultimi due: “Femminismi e liberismo” nel 2016, e “Fare mondo: poetica del futuro dimenticato” nel 2017.
Collaboro a Le monde diplomatique/il manifesto e a Letterate Magazine on line. Fra le pubblicazioni, ricordo
con Luciana Brandi, L’arma di cristallo. Sui ‘discorsi trionfanti’, l’ironia della Marchesa Colombi, 1998; con Liana Borghi Il sorriso dello stregatto. Figurazioni di genere e intercultura, ETS 2010; Archivi dei sentimenti e culture femministe dagli anni Settanta a oggi, 2015. Nel 2010 Scrittrici migranti. La lingua, il caos una stella, frutto di  interessi, letture e relazioni affettive e politiche. E nel 2106 ho coordinato la ricerca di Laura Marzi, Il Giardinodei Ciliegi. Storia e intrecci con altre associazioni a Firenze e in Toscana (1988-2015).

Liana Borghi: Socia fondatrice della Società Italiana delle Letterate, sono stata referente per l’Università di Firenze di ATHENA, la rete tematica europea Socrates di women’s studies. Ho organizzato eventi con Clotilde Barbarulli da prima del 2000 fino ad ora, e ho poi organizzato — con lei soprattutto, ma insieme a tante altre, Raccontar(si), il Laboratorio estivo dedicato all’intercultura di genere di cui abbiamo pubblicato quattro raccolte di saggi. Per uno sguardo veloce su quegli anni invito a leggere “Prospettive libertarie e strategie queer in una scuola estiva” in A/Rivista anarchica, n. 385, 2013-14. Con Rita Svandrlik ho inoltre curato un volume di 22 saggi sulla letteratura comparata al femminile, S/Oggetti Immaginari: Letterature comparate al femminile (1996), ripubblicato quest’anno come primo e-book della collana Mnemosine della SIL. Del mio lesbofemminismo queer trovate traccia in un librino curato con Francesca Manieri e Ambra Pirri, Le cinque giornate lesbiche in teoria (Ediesse, 2011), e in altri saggi, come: “Tramanti non per caso: divergenze e affinità tra lesbo-queer e terzo femminismo” in Altri femminismi. Corpi Culture Lavoro a cura di Teresa Bertilotti, et al. (Manifestolibri, 2006); “Connessioni transatlantiche: lesbismo femminista anni ’60-70, Genesis X/2, 2011; “In the Archive of Queer Politics: Adrienne Rich and Dionne Brand Listening for Something”, in World Wide Women. Globalizzazione, generi, linguaggi, a cura di L. Ellena, L. Hernández Nova e C. Pagnotta, CIRSDE vol. 4, 2012 on line; “Assemblaggi affettivi: l’amore al tempo del quantoqueer” in L’amore ai tempi dello tsunami, a cura di G. Giuliani, et al. (Ombre Corte 2014). Dal 2010 dirigo con Marco Pustianaz àltera, una collana di intercultura di genere (ETS, Pisa) per la quale ho curato Zami di Audre Lorde (2014) e la traduzione di Quanto Queer, saggi della fisica e filosofa femminista Karen Barad (2017). Per Fandango ho curato Terrore anale di Paul B. Preciado (2018).

Elena Biagini, nata a Pistoia, fiorentina d’adozione, vive e lavora a Roma dove insegna lettere in un liceo. Lesbica milgiitante fin dai primi anni Novanta, da sempre in Azione gay e lesbica, ha fatto parte del Coordinamenro Facciamo Breccia e tra le varie esperienze a cui ha contribuito segnala il Alziamo la Testa di Verona, la II e III settimana lesbica, l’esperienza del social forum e in particolare il collettivo 8 marzo, le manifestazioni contro la violenza maschile sulle donne del 2007-2008, e FLAT, le 5 Giornate Lesbiche, Radio Onda Rossa e in specifico il martediì autogestito da femministe ne lesbiche. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Studi di Genere all’Università La Sapienza di Roma. Tra le pubblicazioni: “R/esistenze — giovani lesbiche nell’Italia di Mussolini” in Fuori della norma: storie lesbiche nell’Italia del primo Novecento, a cura di Luisa Passerini e Nerina Milletti (Rosenberg & Sellier 2007) e la cura degli atti del convegno organizzato a Firenze nel novembre 2009 da Azione gay e lesbica, Una ribellione necessaria. Lesbiche, gay e trans: 40, 30 e 20 anni di vita e cultura lesbica e gay e non solo, Bollettina del CLI, Queer, supplemento di Liberazione.  È appena pubblicato il suo volume L’emersione imprevista. Il movimento delle lesbiche in Italia negli anni ’70 e ’80 (ETS 2018).

Bruna Bianchi ha insegnato Storia delle donne e questioni di genere e Storia del pensiero politico contemporaneo all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il tema principale dei suoi studi è la Grande Guerra, con particolare attenzione alla condizione giovanile e femminile, alle nevrosi belliche, al pensiero femminista e pacifista. Autrice di numerosi saggi pubblicati in Italia e all’estero, si è occupata della riflessione sulla pace e sulla guerra di Friedrich Engels, Tolstoj, Jane Addams. Dal 2004 dirige la rivista telematica DEP.Deportate, esuli, profughe. Studi sulla memoria femminile.

Le donne, la guerra, il confine. Riflessioni a partire dalla Grande guerra

Nel corso della Grande guerra i processi di esclusione che lacerarono comunità, popoli e nuclei famigliari raggiunsero dimensioni inusitate. La ridefinizione violenta dei confini (territoriali, linguistici, ideologici, etnici, di genere) furono esperienze traumatiche che ebbero profonde ripercussioni sulla vita delle donne, tema a cui sarà dedicata la prima parte dell’intervento. Nella seconda parte l’intervento si interrogherà sulle conseguenze e sull’ambivalenza del superamento del confine domestico, affrontando il tema del lavoro e dei nuovi compiti che si assunsero le donne.
La parte finale si soffermerà tutte quelle attività e riflessioni femminili volte ad abbattere “le cortine di ferro” erette dalla guerra e riallacciare i legami: donne illetterate superarono i confini della scrittura e mantennero i legami affettivi spezzati dal conflitto; attraverso l’aiuto alle vittime di guerra e ai cittadini/e di nazionalità nemica sfidarono i confini tracciati dall’odio e posero le basi per la riconciliazione. Infine, coloro che varcarono i confini nazionali per recarsi all’Aia a parlare di pace e poi ancora per recarsi dai capi di stato a presentare le loro proposte, superarono anche i confini di genere: donne senza il diritto di voto si fecero diplomatiche.

Barbara Bonomi Romagnoli: laureata in filosofia con una tesi su esperienza mistica e linguaggio del corpo, ricercatrice indipendente di studi di genere e femminismi. Giornalista professionista dal 2004, dal 2008 anche apicoltrice ed esperta di analisi sensoriale del miele; in attesa che l’Italia adegui la normativa sul cognome materno, ha deciso di usarli entrambi come pseudonimo per firmare articoli e libri. Ha pubblicato Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio (2014) e Bee Happy. Storie di alveari, mieli e apiculture (2016). Attualmente collabora con Iowa State University – College of Design e con l’Osservatorio AiDS – Aids Diritti Salute.

De-politicizzazione: femminismi e rappresentanza

Il contesto politico attuale è connotato da populismo, antipolitica e “de-politicizzazione”, o così viene rappresentato. In tutto ciò come si posizionano le femministe nel nostro paese? che rapporto c’è tra i movimenti e i meccanismi di partecipazione intesi come voto/presenza nella istituzioni/scelte pubbliche? Una possibile lettura parte dall’esperienza di NUDM e modelli di vario genere che arrivano dall’estero (dalle kurde alle statunitensi).

Rachele Borghi è (per ora) una geografa pornoattivista accademica transfemminista. Come ci è arriva, resta ancora un mistero per lei. Come resta misteriosa l’uscita da 13 anni di precariato diventando professora alla Sorbona di Parigi. Impegnata nel superamento del binomio teoria/pratica, ricerca/attivismo, pubblico/ privato, sapere intellettuale/sperimentazione corporea, il suo lavoro s’incentra sulla decostruzione delle norme dominanti che si materializzano nei luoghi e sulla contaminazione degli spazi. Per questa ragione le sue attività e le sue pratiche fluttuano da un posto all’altro. Le sue ricerche si basano sull’epistemologia femminista e decoloniale attraverso cui cerca di far esplodere i muri dell’università e far circolare persone, saperi, riflessioni, pratiche.

Al centro del suo interesse c’è il corpo come spazio, come strumento di resistenza e come veicolo delle relazioni. Il suo interesse per la decolonialità e l’approccio decoloniale si traduce in particolare nelle sue pratiche di insegnamento in ambito istituzionale. Utilizza il suo privilegio di persona-con-posto-fisso in-istituzione-accademica per sperimentare pratiche di decolonizzazione della conoscenza, di trasmissione del sapere all’università, di rottura delle gerarchie tra sapere legittimato e non. Grande fan di Monique Wittig e di bell hooks, crede che Guerrigliera si possa nascere o diventare. È parte del collettivo Zarra Bonheur.

C’è spazio per la decolonialità nella produzione del sapere? Imparare da SCUM. Sottrarsi alla violenza epistemica con le pratiche di cura: le brigate SCRUM (Streghe per un Cambiamento Radicale dell’Università Merdosa). Rachele Borghi, Julie Coumau, Emilie Dauvergne, Salomé Vincent, Emilie Viney.

A partire da un approccio centrato sulla decolonialità del sapere, in questo intervento tenteremo di mostrare come una minoranza in contesto universitario possa sottrarsi alla violenza epistemica e istituzionale attraverso delle pratiche di mutualismo, di cura e di riflessione collettiva. Condivideremo delle esperienze che stiamo portando avanti da qualche tempo applicate all’insegnamento della geografia all’Università Sorbona di Parigi e delle sperimentazione di rielaborazione creativa dei saperi femministi dalle Guerrigliere di Wittig alle brigate SCUM di Solanas.

Egon Botteghi: Studioso indipendente, racconta storie e attivista transessuale e antispecista. In questi ultimi anni si sta divertendo molto a girare l’Italia con spettacoli sulla transessualità. In questa prestazione occasionale, confusa e sospesa tra Peep Show, Freak show, follia e attivismo, una persona transessuale si spoglia e si lascia osservare. Per questa persona il suo corpo transessuale agisce sul sesso e sull’orientamento sessuale come un prisma agisce sulla luce. Attraversato dagli sguardi e dalle narrazioni trans sulla sessualità, la sua carne disperde le componenti spettrali del sesso ordinario, mostrandone colori e geografie inaspettati, che solitamente rimangono nascosti nei dettami della sessualità ordinata. Allo stesso modo l’orientamento sessuale viene disperso da questo corpo, perdendo il significato di identità fondante e univoca.

Elisa Coco: Attivista femminista impegnata in percorsi transfemministi, intersezionali, lesbici e queer, è tra le fondatrici di Comunicattive, associazione e agenzia di comunicazione che si occupa di comunicazione in ottica di genere. Dal 2003 ha frequentato la scuola estiva su genere e Intercultura “Raccontarsi”, continuando negli anni a collaborare con le amiche de Il giardino dei Ciliegi e della SIL all’interno del gruppo politico affettivo delle Acrobate. Fa parte della staff del campo politico femminista di Agape, del Tavolo narrazioni mediatiche di Non Una di Meno e della rete di educazione al genere Attraverso lo specchio di Bologna.
È presidente dell’associazione Luki Massa che organizza il festival di cinema lesbico Some Prefer Cake.

Laura Corradi: Traveller, attivista e studiosa, impegnata nei movimenti femministi, queer e deep ecology, contro la guerra e il razzismo, per la salute e i diritti sociali. Un passato come operaia in fabbrica, studia da autodidatta conseguendo il diploma di maturità all’età di 22 anni. Laureata a Padova in Scienze Politiche, svolge ricercaazione sulla salute delle lavoratrici, sulla prevenzione di patologie cancerose, respiratorie, legate al degrado ambientale, nelle comunità etniche a basso reddito, in campi profughi e in contesti indigeni. Dottorata in sociologia alla University of California di Santa Cruz ove insegna Feminist Theory e Sociology of Sexualities fino al 1996. Qui pratica l’attraversamento cross cultural e delle barriere disciplinari, la pedagogia non autoritaria e l’importanza di intersecare variabili di classe, genere, razza/etnia/cultura, età, orientamenti sessuali, religione, status e diverse abilità, nella ricerca sociale. Autrice di libri, articoli scientifici e divulgativi, è attiva nei processi di decolonizzazione delle conoscenze e delle metodologie a partire dalle prospettive aborigene. Negli ultimi 25anni tiene conferenze, seminari e workshop prevalentemente in India. È ricercatrice e docente presso la Università della Calabria — si occupa di Salute ambientale e insegna Studi di genere e metodo intersezionale.

Decolonialità e intersezionalità nel femminismo delle zingare

Il femminismo delle donne rom, gitane e traveller è un fenomeno sociale quasi inesistente in Italia. Le zingare appartengono alla più grande minoranza d’Europa, perseguitata nel passato ma anche nel presente. Le soggettività zingare producono saperi e lotte contro il sessismo, la romafobia, e varie forme di antizingarismo sociali e istituzionali puntando al superamento di patriarcato ed omofobia nelle comunità. La letteratura intersezionale è oggetto di un’analisi accurata da parte delle attiviste nel contesto della critica al neoliberismo, alla supremazia bianca, etero normativa e binaria. Le recenti ricerche femministe, condotte da/con/per donne zingare apportano contributi importanti alla politica intersezionale, sollevando anche il problema delle alleanze tra femministe zingare e non zingare, e tra tutt* coloro che intendono decolonizzare le scienze sociali e produrre ricerche sovversive, capaci di cambiamento. L’epistemologia zingara ha a che vedere con politiche del corpo contro-egemoniche e metodologie di ricerca che minano la colonialità del sapere gagè e delle femministe bianche.

Carlotta Cossutta: è assegnista di ricerca in Filosofia Politica presso l’Università del Piemonte Orientale. Ha conseguito il dottorato presso l’Università di Verona con una tesi sul legame tra biopolitica e soggettività delle donne dal titolo “Corpi pubblici: cittadinanza, maternità e potere a partire da Mary Wollstonecraft”. È parte del centro di ricerca Politesse – Politiche e teorie della sessualità, con cui porta avanti alcuni dei suoi interessi di ricerca: i femminismi, le teorie queer e la storia del pensiero politico delle donne. Tra le sue ultime pubblicazioni: “Maternal relations, feminism and surrogate motherhood in the Italian context”, in Modern Italy e “Linguistic traps. Identity and differences through institutions”, in Petr Agha, Law, Politics and the Gender Binary (Routledge 2018) e ha curato Smagliature digitali (Agenzia X, 2018) con Valentina Greco, Arianna Mainardi e Stefania Voli. Non disgiunge teoria e prassi e molte delle sue riflessioni sono nutrite dalla sua partecipazione al collettivo femminista e queer Ambrosia di Milano.

Quali strumenti per distruggere la casa di quale padrone?

A partire dallo studio della relazione tra femminismi e tecnologie vorrei indagare la possibilità di mettere in discussione il femminismo stesso, con uno sguardo introspettivo che possa mettere in luce nodi e fratture. In particolare vorrei ritornare a Haraway, a partire da Situated Knowledges (1988) e non solo, per mettere in discussione il rapporto tra sapere situato e azione collettiva, tra posizionamento e alleanze. Grazie alla riflessione sul posizionamento, è infatti possibile prendere in esame sia gli aspetti materiali delle tecnologie sia gli immaginari che producono, permettendo da un lato di uscire dalla dicotomia tra virtuale e reale, sottolineando le interconnessioni tra i due mondi, e dall’altro di non dimenticare i corpi e le condizioni in cui lavorano, in maniera riconosciuta o meno, attraverso e intorno alle tecnologie.
Vorrei, quindi, de/clinare lungo i confini che separano naturale e artificiale, autentico e fittizio, materiale e immateriale per interrogarmi, a partire dalla notissima riflessione di Audre Lorde sugli strumenti del padrone, su quali siano i modi di produzione degli strumenti tecnologici e quali siano i padroni che servono, per provare a capire se usare gli strumenti in modo diverso può tenerli fuori dalla loro portata e offrirli alle pratiche di liberazione. Questa riflessione, a partire da un punto di osservazione preciso e parziale – quello delle tecnologie – può forse permettere di pensare alla declinazione e decolonizzazione dei femminismi a partire dalle condizioni di vita in cui ci muoviamo per cercare di decostruirle senza creare nuove categorie e gerarchie.

Francesca De Rosa:  è dottore di ricerca in Culture dei paesi di lingue Iberiche e Ibero-americane (Area luso-africana) all’Università “L’Orientale di Napoli” con un lavoro su archivio e
rappresentazioni coloniali nei documentari portoghesi dell’Estado Novo. Ha concentrato la sua ricerca su studi culturali e visuali e sulle costruzioni dell’alterità nel contesto lusofono. Attualmente è docente a contratto di lingua portoghese e brasiliana presso “L’Orientale”. I suoi interessi si muovono tra femminismo, studi su razza e bianchezza; ha scritto contributi sull’impero portoghese e la pratica visuale, sulle rappresentazioni della donne nere nei documentari coloniali portoghesi e sugli archivi coloniali. Ha collaborato recentemente con GriotMag, un magazine online di afrodiscendenti in Italia.

Antonia Anna Ferrante:  è una studiosa e un’attivista terrona trans-femminista queer. Dottore di ricerca in Studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono all’Orientale di Napoli, attualmente è attiva nel Centro di studi postcoloniali e di genere collaborando con l’Unità di ricerca sulle Technocultures Resarch Unit e con il gruppo Feminist Futures. Appassionata di cultura pop, ha concentrato gran parte del suo lavoro nella critica femminista e queer della neo-televisione e dei nuovi media, ma i suoi interessi
spaziano dalla sci-fi femminista al post-porno, passando per il drag e gli album di famiglia, ma andando sempre a finire alla critica alla nuova normatività frocia e l’omonazionalismo.

Gli elefanti nella stanza tutta per sé (Antonia Anna Ferrante e Francesca De Rosa)

Donne, precarie dell’accademia, militanti, terrone, femministe. Meticcia una, frocia l’altra. Sui nostri corpi sono scritti i fili spezzati dalla Storia, delle storie, le nostre e quelle collettive, delle geografie eccentriche che ci hanno unite e separate. Proveremo a tessere questi fili creando una trama comune, tramando un dialogo a partire da posizionamenti diversi, storie di donne vicine e lontane, ponendoci e ponendo delle domande sulle nostre vite, la comune ricerca e le pratiche politiche condivise. Metteremo a soqquadro il ripostiglio dove si sono accumulati i rimossi della storia coloniale; porteremo il disordine nel salotto dove oggi si discute l’affetto per la bianchezza, la normalità, il decoro della nazione; infine ci incontreremo nella stanza tutta per sé, per dare visibilità e consistenza all’elefante che popola anche lo spazio del femminismo, interrogandoci su tutto ciò che è rimasto invisibile, sul modo in cui i discorsi della razza e del genere siano intrecciati, sui nostri privilegi e sulla possibilità di decolonizzare le nostre pratiche e de/clinare le nostre dis/identificazioni.

Fabrice Olivier Dubosc: è psicoanalista etnoclinico. Una vocazione interdisciplinare orienta la sua ricerca in psicologia postcoloniale e clinica della crisi. Oltre alla pratica clinica si occupa di supervisione e progetti per migranti e richiedenti asilo.

Tra i suoi lavori recenti: Quel che resta del mondo – psiche nuda vita e questione migrante (Ma.Gi 2011), Approdi e Naufragi – Resistenza culturale e lavoro del lutto (2016) e con Nijmi Edrees, Piccolo Lessico del Grande Esodo — ottanta lemmi per pensare la crisi migrante (Minimum Fax 2017).

Disarmo culturale e decrescita: vivere e morire nell’Antropocene

Levi-Strauss parlava dell’Occidente come di società calde dedite all’aumento esponenziale del consumo energetico in un rapporto di sfruttamento e reificazione del vivente Oggi le radici coloniali dell’Antropocene si riproducono in molti modi con l’aumento delle spese militari responsabili per una vasta percentuale dell’inquinamento mondiale. Il tardo capitalismo risponde alla crisi profonda del suo modello con il diniego e il ritorno al sovranismo come strategia di spartizione e conflitto tra statinazione volto a mantenere il consenso e a salvare il salvabile attraverso l’elaborazione paranoica di lutti e cambiamenti. Altre forme di rapporto eco-sistemico tra cultura e natura permettono di pensare altrimenti la “sovranità” e il bene comune.

Olivia/Roger Fiorilli: attivista transfemminista nel collettivo Burn-out di Parigi e nel Sommovimento NazioAnale. Ricercator* precari* presso il Cermes3 di Parigi.

Auto* de La signorina dell’igiene. Genere e biopolitica nella costruzione dell’infermiera moderna (Pisa University Press 2015) e, insieme a Rachele Borghi e Michela Baldo, Il Re NudoPer un archivio Drag King in Italia (ETS 2014).

Pamela Marelli: Dopo la laurea in storia con una tesi sul movimento femminista bresciano degli anni ‘70, mi sono occupata per anni di inte(g)razione e intercultura, sia lavorando per un decennio come operatrice di uffici per persone straniere che per impegno politico come attivista di un’associazione antirazzista. Ho curato l’editing del libro Il bagaglio invisibile. Storie di vita e pratiche di mediazione interculturale, esito del corso per la formazione di donne mediatrici del Progetto Equal. Stimolata da questa esperienza ho compilato una ricerca storica dal titolo Il bagaglio invisibile. Esperienze di migrazione e mediazione culturale di un gruppo di donne straniere radicatesi a Brescia che ha vinto, ex aequo, nel 2004, il Premio Dolores Abbiati promosso dalla Fondazione Micheletti. La passione per la ricerca storica mi ha portata, nel 2008, a raccogliere le storie di lavoratrici tessili nel libro Tessendo abiti e strategie. Esperienze e sentimenti di operaie bresciane. Da qualche anno sono riuscita a trasformare l’amore per i libri in professione lavorando come bibliotecaria precaria. Mi sto occupando di una nuova ricerca dal titolo Archivi del mare salato. Stragi di migranti e culture pubbliche.

Roberta Mazzanti: è stata ricercatrice di Letteratura anglo-americana presso l’Università degli Studi a Milano, dove è nata nel 1953. Dal 1986 al 2010 ha lavorato come editor di narrativa per Giunti, ideando la collana Astrea, dedicata alla narrativa delle donne di varie epoche e paesi, e curando altre collezioni letterarie. Ha fatto parte della redazione di “Linea d’Ombra”, collabora tuttora con riviste e case editrici, e con l’Archivio delle Memorie Migranti. Fa parte dell’Associazione Forum per il libro e della Società Italiana delle Letterate.
Nella narrativa d’impronta autobiografica ha pubblicato di recente Sotto la pelle dell’orsa (Roma: Iacobelli, 2015); e nel 2003 per Giunti “La gente sottile”, in Baby Boomers: vite parallele dagli anni Cinquanta ai cinquant’anni, scritto con Rosi Braidotti, Serena Sapegno e Annamaria Tagliavini; fra i saggi, “Dalla ‘Stanza gialla’ alla ‘Terradilei’: tappe del viaggio di costruzione di sé di Charlotte Perkins Gilman” in AA.VV., Identità e scrittura. Saggi sull’autobiografia Nord-Americana, (Roma: Bulzoni, 1988), e “Sad new powers: parole d’esilio e d’amore nel romanzo In fuga di Anne Michaels” in AA.VV., Le eccentriche. Scrittrici del Novecento (Mantova: Tre Lune Edizioni, 2003).

Gisella Modica: Laureata in filosofia, fa parte della rivista Mezzocielo diretta da Letizia Battaglia e Simona Mafai; della redazione di Letterate Magazine, rivista on line della Società Italiana delle Letterate, e della rivista Leggendaria diretta da Anna Maria Crispino. È socia della Società Italiana delle Letterate e della Biblioteca delle donne UDI Palermo. Ha pubblicato per Stampa Alternativa Falce, Martello e cuore di gesù, 2000 e Parole di terra, 2004; per Villaggio Maori Edizioni Le donne della Cattedrale, 2014. Per Iacobelli, Come voci in balia del vento, 2018. Ha curato Le personagge sono voci interiori. Letture in scena per Vita Activa di Trieste, 2016.

“Se vuoi, puoi s(de)viare i tuoi figli”. Strategie di sottrazione nella lotta alla mafia

Partendo dal vissuto di alcune collaboratrici di giustizia metterò in connessione strategie di libertà agite nella solitudine delle case per ribellarsi alla violenza della famiglia mafiosa con quelle praticate in piazza nel ’47 dalle donne siciliane che occuparono le terre, e nel ’92 dalle donne del digiuno di Palermo dopo la strage di Capaci.

Lourdes Perez: artista portoricana, cantautrice, compositrice, arrangiatrice, poeta e chitarrista è considerata una delle migliori performer latino-americane. La sua “canzone nuova” combina il fado portoghese con la musica pan-latina in un mix politicamente e socialmente impegnato a promuovere i diritti e la dignità umana nel mondo. Attraverso la rete <www.VoxFem.org>, un nuovo podcast globale, Lourdes promuove voci femminili dal mondo, specie non in inglese: cantanti/cantautrici/compositrici, donne di colore, artiste queer/due spiriti con consapevolezza femminista, anti-razzista; attiviste di ogni paese o territorio occupato; atti di liberazione & opere originali. È sua la musica del docufilm diretto da Paola Zaccaria e Daniele Basilio, Altar. Cruzando fronteras, Building Bridges, “il ritratto visuale di Gloria Anzaldúa (1942-2004), la scrittrice chicana che ha trasformato in parole il confine fra Messico e Stati Uniti e che ha creato vivide immagini di meticciato culturale”. Vedi https://www.lourdesperez.com

 Antonella Petricone: Nasce e vive a Roma. Si laurea in Scienze Umanistiche nel 2003 con una tesi sul carteggio d’amore tra Sibilla Aleramo e Lina Poletti. Consegue il Dottorato di ricerca in Storia delle Scritture Femminili nel 2008 con una tesi su La memoria dei corpi, i volti della violenza. Tra vissuti e narrazioni, dialogo tra Etty Hillesum e le donne sopravvissute alla Shoah. È’ vicepresidente di Be Free, Cooperativa sociale contro tratta, violenze e discriminazioni dal 2007. Ha lavorato presso lo sportello donna ubicato nel pronto soccorso dell’ospedale San Camillo di Roma e nel servizio sosdonnah24 di Roma Capitale, come corresponsabile e operatrice antiviolenza dal 2010 al 2016, servizi entrambi gestiti da Befree. Ha frequentato il Master di I° livello in Formatori esperti in “Pari Opportunità, Women’s Studies e Identità di Genere” presso l’Università di Roma Tre. Ha scritto per Delt@ news, quotidiano delle donne on-line www.deltanews.it, edito dalla Cooperativa editoriale “Genera”, presso cui ha conseguito il tesserino da pubblicista. Appassionata di politica, letteratura e storia delle donne, segue dal ‘99 diversi laboratori di donne e scuole politiche dedicate alle questioni di genere. Ha fatto parte della staff del campo donne di Agape, oggi campo femminista, dal 2010 al 2017. È ideatrice e organizzatrice della scuola politica estiva della Cooperativa sociale Befree arrivata quest’anno alla sua ottava edizione.

Lavora come docente di lettere, presso la scuola secondaria di primo grado dal 2014. Ha fondato l’Associazione socio-culturale Le Funambole di cui è Presidente da giugno 2017.

Anna Picciolini: Ho lavorato per quasi cinquant’anni fra Roma e Firenze come insegnante, sociologa e giornalista pubblicista. Impegnata in politica da sempre (ho cominciato all’Università) ho alternato momenti di politica delle donne con incursioni nella politica “mista”. L’impegno politico a sinistra è stato sempre motivato dalla ricerca di nuove forme di organizzazione e dalla scommessa sulla possibilità di uno spazio politico in cui diverse soggettività possano interagire e lavorare per un cambiamento radicale dello stato di cose presente. Dall’impegno nella politica mista mi sono ciclicamente allontanata ogni volta che questa scommessa mi è apparsa destinata al fallimento. Dall’impegno nella politica delle donne, nonostante tutto, credo che non mi allontanerò mai. Attualmente questo impegno si esprime nella partecipazione al Giardino dei Ciliegi, a Libere tutte, a Ipazia. Vedi [pdf] e http://www.youtube.com/watch?v=DW_IF-FIjAQ

Rosella Prezzo: Filosofa, saggista e traduttrice. A lungo redattrice della rivista aut aut. Già docente a contratto di Estetica (Architettura di Milano-Bovisa) e nel Master di 2° livello (“Filosofia di trasformazio ne”) all’Università di Verona. Tra i suoi numerosi lavori si segnalano: Veli d’Occidente. Le trasformazioni di un simbolo (Moretti&Vitali, 2017, nuova edizione ampliata di Veli d’Occidente. Temi, metafore, simboli, (Bruno Mondadori, 2008); Pensare in un’altra luce. L’opera aperta di Maria Zambrano (Raffaello Cortina 2006); (con P. Redaelli), America e Medio Oriente: luoghi del nostro immaginario (Bruno Mondadori, 2002); Ridere la verità. Scena comica e filosofia (Raffaello Cortina, 1994). Ha curato edizioni italiane di importanti opere di María Zambrano. Suoi lavori sono stati tradotti in Spagna e in Francia.

Le verità svelate dal velo

La questione, oggi così dibattuta, del velo racchiude in sé la memoria di un passato coloniale, il problema dell’immigrazione, le difficoltà di nuove forme di convivenza e, non ultimo, ripropone la spinosa questione della relazione tra i sessi.

Paola Zaccaria: insegna Culture letterarie e visuali anglo-americane all’Università di Bari. Attivista nel movimento delle donne e per la pace, è stata socia fondatrice e presidente della Società Italiana delle Letterate (2000-2003) e co-fondatrice dell’Archivio di genere a Bari (www.facebook.com/ArchiviodiGenere/). Intrecciando discipline e contaminando saperi e linguaggi, ha pubblicato in italiano, spagnolo e inglese libri e saggi sui Border e Diaspora Studies, sulla poetica di autrici novecentesche euroamericane e magrebine, sulla letteratura africana americana e messicana americana, sulle avanguardie euro-americane, su Interculturalità, Transculturazione, Post-coloniale, De-coloniale e Genere, e teorizzato su Traduzione/Trasposizione/Transcodificazione/Transmedialità tra culture, arti e media. Tra i suoi libri: A lettere scarlatte. Poesia come stregoneria (FrancoAngeli 1995); Mappe senza frontiere. Cartografie letterarie dal Modernismo al Transnazionalismo (Palomar, 1998); La lingua che ospita. Poetiche politiche traduzioni (Meltemi 2004, ripubblicato con una nuova introduzione nel 2017); Transcodificazioni (Meltemi 2005); con Annarita Taronna ha curato il volume Archivio di Genere. Mettere in rete saperi generazioni comunità translocali (LiberAria 2016). Ha tradotto e curato Terre di confine/La Frontera, di Gloria Anzaldúa (Palomar 2000) e prodotto un documentario sul lascito intellettuale di questa cantrice delle borderlands: ALTAR. Crossing Borders, Building Bridges (2009, ricerca, sceneggiatura e produzione esecutiva: Paola Zaccaria; regia di Paola Zaccaria e Daniele Basilio: www.youtube.com/watch?v=Pep1vMqtHYs). Ha ideato e coordina dal 2009 una ricerca attivista, “S/Murare il
Mediterraneo. Artivismo e traduzione come pratiche transnazionali per una politica e poetica dell’ospitalità” (smuraremediterraneo.wordpress.com), aprendo una riflessione sulle intersezioni tra le teorie mestizas chicane, il critical border thinking e l’epistemologia decoloniale nell’intreccio con la resistenza politica ed estetica ai respingimenti degli attraversatori del Mediterraneo e dei residenti e artisti di entrambe le sponde di questo mare che operano entro teorie e pratiche decoloniali di Southern border critical thinking (i saggi sull’argomento sono reperibili sulla pagina academia.edu: https://uniba-it.academia.edu/PaolaZaccaria). Vedi anche il volume collettaneo S/Murare il Mediterraneo/Unwalling the Mediterranean. Pensieri critici e artivismo al tempo delle migrazioni, a cura di Luigi Cazzato e Filippo Silvestri, 2016 (Indice, Manifesto e Introduzione:www.academia.edu/26210425/S_Murare_il_Mediterraneo_Unwalling_the_Mediterranean._Pensieri_critici_e_a
rtivismo_al_tempo_delle_migrazioni) cui ha contribuito col saggio “Mediterraneo liquido. Per un pensiero
critico decoloniale”.

La svolta decoloniale del pensiero critico dei confini del progetto “S/murare il Mediterraneo”*

Orizzonte di riferimento: il de-coloniale come opzione di de-linking, scollegamento, distacco dalla lingua e dalle geo-corpo-grafie dell’ epistemologia dei poteri imperiali in cui lo stigma della modernità, così come era disegnato-designato dagli usurpatori europei bianchi, monoteisti e patriarcali impegnati nell’occupazione di territori e corpi d’oltremare, imprime(va) – soprattutto sui soggetti inferiorizzati e dis-umanizzati per razza e genere – la violenza dell’esclusione e invisibilità.
Il progetto di ricerca attivista e artivista “S/murare il Mediterraneo. Pratiche locali, nazionali e transfrontaliere di artivismo transculturale, per una politica e poetica dell’ospitalità e mobilità” (2009-oggi, www.academia.edu/16290682/Un_Walling_the_Mediterranean) pone al centro della svolta decoloniale un pensiero critico del confine che pensa dai confini (Anzaldúa, Mignolo e Tlostanova), in grado di mettere in crisi il concetto di “transatlantico”, col quale si è soliti riferirsi al rapporto ‘moderno’ Europa-Americhe, lasciando in ombra l’Africa e il Mediterraneo, dai cui porti partivano le navi di ‘conquistatori’ e negrieri. I ricercatori attivisti del progetto lavorano, anche attraverso la presa in conto di opere e operazioni artiviste, per esporre le vene mediterranee del potere coloniale di ieri così come le mai de-bellate riproposizione di pratiche di colonialità oggi senza maschera nelle richieste di sovranità e protezione dei confini– le pulsioni verso la tratta, la violenza, la detenzione/lagerizzazione dei corpi. La conversazione contempla il riferimento ad alcune metodologie di decolonizzazione/smuramento di saperi e immaginari dis-umanizzanti ispirate da pensatrici-poete-artiste dis-orientanti, muovendosi tra borderlinking e borderspacing, tra il ‘matrixial borderspace’ (Bracha Ettinger) e lo spazio-stato ‘nepantla’ (Anzaldúa) in quanto spazi non ricompresi nelle geo-corpo-grafie coloniali e neo-coloniali, dimensioni senza tempo e confini estranee ai concetti di separazione e splitness.

*smuraremediterraneo.wordpress.com