A cura di Margherita Biagini

Ho conosciuto Elsa alla fine degli anni Quaranta, io allora giovane ragazza impegnata nei movimenti giovanili, lei già affermata dirigente sindacale della C.G.I.L., come responsabile del lavoro femminile nella C.D.L. della nostra Provincia. Ci conoscemmo perché eravamo iscritte al P.C.I., facevamo parte della Commissione femminile provinciale delle donne comuniste e, in quanto donne, del Comitato provinciale dell’Unione Donne Italiane. Era quello un periodo di grandi battaglie per l’affermazione dei diritti delle donne, il diritto al lavoro, alla parità salariale, alla tutela della maternità, alla regola­mentazione del lavoro a domicilio, all’istituzione degli asili nido, quasi inesi­stenti all’epoca, in sostanza all’affermazione della donna come persona avente dei diritti e non come elemento passivo, piuma vagante nell’universo maschile come si voleva farla essere.

Elsa è stata una insostituibile animatrice di queste battaglie, con la passione e la cocciutaggine tipica del suo essere, si è battuta contro tutti e tutto ciò che rappresentasse un freno all’affermazione dei valori in cui credeva, uno fra tutti, quello dell’emancipazione femminile. Si batteva contro il padronato, ma contestava anche gli uomini delle organizzazioni, e dei partiti della sinistra, quando non comprendevano che la lotta per i diritti delle donne contribuiva all’avanzamento di tutta la società, quindi era un problema di tutti il fatto che le donne avevano diritto a maggiore spazio, nella politica e nella società. Elsa quindi non esitava mai a mettersi in gioco quando si trattava di portare avanti le istanze delle donne; si impegnava all’interno in discussioni accanite e all’esterno in uno stretto contatto con loro, soprattutto con le lavoratrici era instancabile nell’informare, nel proporre iniziative, nel chiarire, nel convincere, sapeva bene che solo rendendole consapevoli dei loro diritti, era possibile affermare nel concreto l’emancipazione femminile: per questo agiva con ostinazione e fino alla fine non ha mai dato tregua.

Il femminismo degli anni ’70-80 rimise tutto in discussione e diede avvio alle grandi lotte per l’autodeterminazione della donne, per il divorzio, per un nuovo diritto di famiglia, ed Elsa per quella sua caratteristica di non rifiutare il nuovo, non tardò ad avvicinarsi a quel movimento di cui volle capire le proposte e le finalità. Comprese appieno la portata rivoluzionaria che l’affermazione della differenza sessuale portava nell’ambito sociale, politico, personale e interpersonale, non solo aderì ma volle esserne parte attiva, soprattutto lo fu ne II Giardino dei Ciliegi, che di quella stagione è stato una delle espressioni più concrete.
La biografia di Elsa è quella di una militante del P.C.I., inizia con la partecipazione ai G.A.P. operanti in Firenze nel periodo della Resistenza, vi partecipa con coraggio tanto da essere insignita alla fine della guerra del grado di Capitano dell’Esercito italiano; nel dopoguerra fa parte dell’ANPI di Firenze, viene chiamata nella segreteria della C.D.L. come responsabile femminile, entra nell’esecutivo dell’U.D.I. provinciale, per alcuni anni ricopre un incarico alla C.G.I.L. nazionale, viene eletta più tardi nel Consiglio Comunale di Firenze e nel Consiglio Provinciale: una biografia, la sua, intensa, che si snoda in una partecipazione fatta di scelte forti e coraggiose, mai esibite o fatte pesare.
Per me, Elsa è stata sempre un esempio di forza, coraggio, concretezza, ed ho sempre scorto dietro quel suo carattere brusco e battagliero, un’umanità che mi ha dato la voglia di condividere con lei fino in fondo, un percorso di donna e di compagna. Perdendo Elsa nel 2002 abbiamo perso un pezzo della nostra Storia.

Elsa Massai

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